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agilità, potenza, resistenza ed estinzione
Lo stambecco è conosciuto soprattutto per essere forte e agile nello scalare le pareti più ripide.
Rapido a sparire tra le creste più inaccessibili. Resistente nel percorrere considerevoli distanze. Robusto nel sopportare rigide temperature.
Malgrado queste caratteristiche straordinarie è una delle speci maggiormente a rischio per la sua estrema fragilità.
La credenza che le montagne fossero dimora di esseri malvagi e mostruosi, ha portato alla fine del 1800 allo sterminio della specie e alla quasi totale estinzione.
Solo pochi esemplari che vivevano sul massiccio del Gran Paradiso si sono salvati.
Tutti gli individui che attualmente popolano le Alpi discendono da un’unica famiglia.
Non essendoci variabilità genetica, la capacità del sistema immunitario di rispondere all'attacco di malattie o infezioni risulta praticamente nulla.
Se gli individui sono molto diversificati geneticamente fra di loro, in caso di arrivo tra la popolazione di un agente patogeno, è maggiore la probabilità che ci sia qualche individuo in grado di resistere all’infezione o di guarire.
Se invece la variabilità è bassa, o quasi nulla come nel caso dello Stambecco delle Alpi, le probabilità sono poche e questo può essere letale per tutta la popolazione.
Un gruppetto di giovani,
dai quattro ai sette anni,
riposano uno vicino all’altro.
Il più piccolo si guarda attorno,
lentamente si alza e si stira.
Osserva i suoi compagni di vita, e attende.
Gli altri ancora immersi nei loro sogni, non percepiscono nessun movimento.
Il piccolino però sembra avere l’argento vivo addosso e la voglia di stuzzicare chi ancora dorme e di mettersi alla prova.
Inizia così a tormentare gli altri e con il suo su&giù -Dai! Dai! Fatti sotto!-,
sembra voler sottolineare a tutti i costi,
la sua seria intenzione a iniziare un confronto.
Qualche giovanotto inizia a rispondere alle sue ingenue provocazioni.
Lui comunque non demorde e convintissimo continua a dimostrare la sua superiorità.
Superiorità messa in discussione, i ruoli si invertono, ora sta al piccolino, rimanere tranquillo.
Potrà riparlare della sua superiorità tra qualche annetto.
Dopo essere stato “spodestato” il piccolino si è ritirato poco più sotto,
dato una calmata e in seguito si è addormentato, lasciando così il palco ai più grandi che a loro volta hanno continuato a dare spettacolo.
Dopo poco più di un’ora di cammino,
il bosco di abeti,
pini cembri e larici
lentamente ha iniziato a diradarsi.
Qua e là rimane ancora un albero, che fa da riparo a questo meraviglioso Re.
Sdraiato su fili d’erba e aghi di larice ghiacciati rumina serenamente.
La natura regala spettacoli che superano l’inimmaginabile,
lasciarsi travolgere da queste visioni è qualcosa di speciale.
Inimmaginabile come seguire questo meraviglioso esemplare, che, anche se estremamente più chiaro rispetto agli altri, non è albino.
Il colore del pelo quasi bianco può trarre in inganno, ma l’iride color del miele, pelle e corna, hanno il loro colore caratteristico.
La colorazione del suo mantello, non è mancanza di melatonina, ma dipende semplicemente dal luogo dove abita.
Ci sono colonie che svernano alle basse quote, fine autunno si spostano e scendono,
trovando protezione e temperature più “calde” tra le fronde dei pini.
Mentre ce ne sono invece altre che si spostano semplicemente da una cima all’altra,
ma l’altezza rimane sempre la stessa.
Lui appartiene a una di queste.
Non avendo protezione degli alberi, queste creature rimangono esposte per mesi, giorno e notte alle bassissime temperature, oltre che alle variabili condizioni del tempo, quindi il “pullover di lana” deve essere molto, ma molto, ma molto pesante.
Questo “pullover di lana” si chiama borra, ed è lo strato lanoso del pelo invernale.
Strato lanoso, molto caldo ed estremamente chiaro rispetto al pelo normale
che è marrone scuro.
Una notte di luna piena, come molte altre notti.
Salgo sacco in spalla, come molte altre volte.
Cammino e cammino e cammino per quasi tre ore.
Arrivo.
Preparo la mia postazione.
Pronta.
Attrezzatura, lampada frontale e termos con tè caldo.
Le stelle brillano in cielo.
I colori virano da caldi a quelli più freddi della notte.
Attendo che la luna salga,
avvolta in una coperta termica, sdraiata sullo zaino.
La vita tra le vette si sveglia quando il mondo, giù in basso già dorme.
Aspetto.
Aspetto le ombre animate, le ombre che giocando con il chiaro di luna.
La vista adatta a questa luce naturale.
Un rumore… si muove qualcosa !
L’immaginazione e l’emozione mi suggestionano.
Non vedo e non c’è nulla.
Il tempo scorre, la notte è sempre più lunga.
Sassi !
Sassi in movimento.
Li sento bene.
Qualcuno è arrivato. Sta attraversando un punto critico.
Una frana ha portato con sé molti sassi.
Una sagoma scura, due sagome scure, tre, quattro. Non distinguo: stambecchi o camosci ?
Spunta un corno.
Il mio cuore batte a mille.
Il Re e la luna.
Annunciate temperature “normali”, dai -17 ai -21 gradi….
finalmente si torna a riscoprire il freddo gelido sulla punta del naso.
Rimanere immobile con l’aria ghiacciata che ti riempie i polmoni ad ogni respiro
e il cielo terzo che ti scalda l’anima.
Tra i pendii più impervi e il freddo pungente
rimango attenta ad ogni movimento.
A un balzo dal cielo silenzioso appare lui e si mette in posa.
Il suo sorvolo è tanto lento quanto estremamente veloce da immortalare.
Il desiderio è di fotografarlo ad ogni suo battito d’ali,
ad ogni sguardo che ti rivolge,
ma soprattutto,
speri che quegli attimi siano eterni.
Vorresti accarezzare quelle morbidissime piume,
come lui con le sue remiganti sembra voler sfiorare i pendii.
Il calore del sole se ne è andato con il vento,
lasciando il posto al silenzio
e alla mezza luna che lenta prosegue il suo cammino attorno alla terra.
Un larice ancora spoglio fa da sfondo tra il cielo e quattro stambecchi.
Uno dopo l’altro,
passo dopo passo,
i Re si preparano per la notte raggiungendo il luogo dove abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.
Loro si spostano e io li seguo,
voglio immortalare quell’attimo e aspetterò….
aspetterò quel momento preciso…
spero che qualcuno passi sotto quel larice particolare, spero che la luna si avvicini,
spero, spero, spero….
Malgrado le giornate fredde di questo inizio agosto
e da alcune notti non illuminate da stelle cadenti ma da soffici fiocchi di neve,
i grossi massi non smettono di scivolare staccandosi dalla parete di ghiaccio.
Il sole che lentamente si sta alzando,
provoca un tonfo,
un rumore cupo,
un sasso ruzzola e che come un domino viene seguito da un’altro,
da un’altro ancora,
poi,
il silenzio più totale.
Quassù le sentinelle delle Alpi, le marmotte,
non hanno possibilità di scavare le loro tane,
la loro mancanza si fa sentire.
Soprattutto i loro fischi,
campanelli d’allarme per tutta la vita che popola i 3000.
Tutti rimangono ogni istante sull’attenti,
non solo per i sassi che continuamente scivolano dal ghiacciaio,
ma anche per l’aquila reale.
Dall’alto un giovane Re osserva il suo regno,
la sua casa,
che nella totale indifferenza dell'essere umano,
ogni giorno cambia volto,
inarrestabile si sta sgretolando,
sciogliendo,
scomparendo.
Lo Stambecco beve pochissimo
e la sua dieta è povera di potassio e di sodio.
Per colmare questa mancanza,
lecca le rocce in cerca di sali minerali.
Queste rocce,
inumidite dalla neve ancora abbondante
che poco più sopra si sta sciogliendo
e ricche di salini minerali,
offrono agli stambecchi un succulento cocktail.
Attendo la luna seduta sull’erba tra il blu intenso delle genziane,
il lilla dei crocus e il sole che, adagio adagio sta tramontando.
Le temperature in questi ultimi giorni si sono alzate notevolmente.
Numerosi fiori stanno colorando i prati ad alta quota,
sfidando il vento e la neve che in molti punti è ancora presente.
Anche i Re sentono il cambiamento
e lentamente si stanno spostando nei luoghi estivi.
Lascio vergare lo sguardo sulle rocce che mi sorreggono,
sotto di me un unico rumore,
il rumore di qualcosa che lentamente sta scomparendo,
morendo.
Gocce che lente,
costanti,
accompagnano il silenzio più totale.
Un sasso poco lontano scivola,
interrompe per pochi secondi i miei pensieri,
per poi dar di nuovo voce alle interminabili lacrime di questo ghiacciaio,
che riprende ininterrottamente il suo pianto.
Questo Re è consapevole che oggi troverà solo neve
e qualche filo d’erba congelato.
Osservo i suoi occhi profondi,
ci vedo quasi la mia sagoma disegnata.
Il suo mantello sembra palpitare animato dalle forti raffiche di vento che spazzano le creste.
.
I suoi coetanei,
sono nascosti tra i cembri
e non sembrano badare alla mia presenza e neppure lui.
Resto distante,
sarà lui a decidere quanti metri potranno dividerci.
In lontananza sento un piccolino che bela disperato,
alzo lo sguardo,
lo vedo scortato da due mamme.
Mi chiedo cosa sarà quel angosciato gemere.
Per il voto che che vede per la prima colta sotto di lui?
Il cielo azzurro decorato dalle nubi di nebbia che veloci sfiorano la parete a picco?
O la paura di affrontare quelle immense rocce a precipizio?
Con i raggi del sole che sbirciano dalle nuvole,
illuminando la scena a tempo di “musica”
e io nascosta dietro a un sasso,
i due Re hanno dato spettacolo per una quarantina di minuti.
I due guerrieri sono andati poi spalla contro spalla a brucare un po’ di erba
e in seguito a fare un lungo pisolino uno accanto all’altro.
Una giornata intera ad osservarlo ed essere osservata.
Poi arriva il momento di scendere.
Lui rimane a crogiolarsi al caldo ancora un po’.
Io invece,
per non disturbarlo faccio un “giro un po’ più lungo”.
All’improvviso me lo trovo di fronte che mi guarda dall’alto,
e con la sua innata flemma si avvicina…
Dopo il lungo inverno,
qua e là iniziano a spuntare i primi fiori.
I Re sentono nell’aria frizzante
atmosfera di sfide,
di corse lungo i pendii,
di giravolte,
e di mettersi in posa.
Avranno diversi mesi,
fino alla fine di novembre,
quando inizierà la stagione degli amori,
di dimostrare chi è il più forte.
©AlCaPhoto
Sono nata molte primavere fa a Lugano.
La mia professione di Visual Designer, formazione conseguita a Berna, mi ha portato a vivere lontana dal Ticino.
Berna, Losanna, Engadina.
Il mio lavoro, mi ha permesso di imparare e vivere allo stretto contatto con la fotografia.
Dalle camere oscure, alle più moderne tecniche digitali.
Attività che mi ha fatto innamorare della fotografia naturalistica e della montagna.
Atrezzatura
Canon EOS R5
Canon RF 100-500mm F4.5-7.1 L IS USM
Sono affascinata dalla spettacolarità dei picchi che tentano di sfiorare il cielo.
Dalla bellezza stupefacente della composizione armonica tra neve, ghiacciai, laghi, sassi, larici e pini.
Dall'adattabilità della natura vegetale e animale, testimoni di ingegnosa sopravvivenza che abita i tremila.
Dagli incontri straordinari con silenziose creature selvagge, che popolano anfratti, vette, boschi e vallate.
La mia passione mi permette di seguire la mia ossessione:
il Re delle Alpi.
Abbandonare i sentieri accompagnata da un biologo, ed iniziare a salire in silenzio su rocce sporgenti e passare numerose giornate in sua compagnia,
mi hanno insegnato a conoscere lo stambecco, ad osservarne le abitudini, gli spostamenti, ad entrare nella sua vita.
Animale straordinario, che malgrado la fragilità della specie, ha una forza incredibile di resistenza e sopravvivenza.
Mi sento privilegiata a poter condividere attimi unici con queste meravigliose creature.
In loro compagnia, si accentua la consapevolezza di quanto la vita sia preziosa, non solo la mia, ma anche quella di tutte le creature che popolano la terra.
La natura è un palcoscenico ineguagliabile,
dove assistiamo a spettacoli unici,
di una bellezza stupefacente.
Immortalare incontri straordinari é il più raro dei privilegi.
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AlCaPhoto
Alessia Carrara
Fotografa naturalista